Domenica 19 gennaio 2020 – II del TOA – Giovanni 1,29-34

Pubblicato da emme il

Cosa significa che sul servo si manifesta la gloria? E che sull’agnello rimane lo Spirito? Dovremmo recuperare i canti del servo sofferente e ritrovarvi già lì, è un Isaia che scrive 500 anni prima di Cristo, il legame tra servo, agnello e Spirito. Sentite: “Ecco il mio servo… ho posto il mio spirito su di lui” e ancora: “era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori”. È un Dio che non conosci quello che addita e ti mostra Giovanni perché non ti aspetti di ritrovartelo vestito dei panni di un servo, nelle sembianze di un agnello. Gesù è la versione di un Dio alquanto inedito: pacato, dimesso, quasi in incognito. Eh sì, perché quando vogliamo parlare di qualcuno che si crede chissà chi, che si dà le arie, diciamo che si atteggia a ‘Padreterno’, o che si crede ‘un dio’. E a tanti di noi che piacciono gli uomini forti, gli uomini determinati, gli uomini decisi e solidi, guardiamo con una certa diffidenza ad un Dio così altro, così diverso. I sociologi constatano e affermano che la maggior parte del popolo italiano, ma forse non siamo così diversi dagli altri popoli, vorrebbero al potere l’uomo forte più che se stesso rappresentato da uomini capaci di interpretarne il volere. Ma basta uno sguardo a ciò che sta capitando anche nella chiesa. Tutti i movimenti, palesi o viscidi, che intendono sminuire il valore di uno come Papa Francesco, sono fatti di uomini che vorrebbero una chiesa forte, non in dialogo, ancora maestra e meno madre e sorella dell’umanità di cui dovrebbe semplicemente servire il cammino. Insomma, se non te lo mostrano un Dio così, non lo vedi e non lo riconosci, semplicemente per il fatto che tutti sogniamo un’altra sorte, tutti aneliamo a ben altro rispetto allo stare dentro la nostra pelle riconciliati col poco che siamo, che resta in ogni caso il nostro tutto. Quel tutto che basta per essere casa della luce, nido in cui lo Spirito cova i suoi frutti. “Ho visto e ho testimoniato” sentenzia Giovanni. Dove scorgo, riconosco, scovo ancora il Dio di Gesù? Dove punto il dito? Forse siamo chiamati a virate decise, a capovolgimenti coraggiosi. L’agnello, che sempre Isaia, in quella visione assurda che racconta al capitolo 11 del suo libro, mette accanto al lupo e li fa stare nello stesso recinto, racconta di Dio, ne svela l’identità. Lupo ed agnello forzatamente insieme. Che non significa banalmente buoni e cattivi ma per un verso le spinte esibizionistiche e narcisistiche che vogliono mettere al mondo il lupo che posso essere e per l’altro la mansuetudine, la ragionevolezza, la placidità che intendono sovvertire le regole per abitare le relazioni, due componenti che necessariamente confliggono in noi. Chi vince? Il lupo o l’agnello? Sull’agnello la colomba. Dio abita lì. Decida l’uomo dove stare. Se ammansire il lupo o inferocire l’agnello. Se mettere paura o creare distensione. Se assalire o accogliere. Se sbranare od offrirsi.