Si
avvicina la Pasqua, la passione del Signore e il pensiero oggi va a Giuda, uno
dei dodici. Il tradimento, il “peccato del mondo”, non è solo del mondo, cioè
dei non cristiani, ma sta anche all’interno dei credenti stessi: il mondo non è
fuori di noi, ma tra di noi e forse anche in noi.
…quella notte appeso ad un albero muore anche Giuda il traditore; traditore, forse non proprio per denaro, perché chi fa qualcosa per denaro non lo getta via il giorno dopo. Giuda è un uomo come quelli che Abramo non trova, (Gn.,18), colui che un evangelista fa dire a Gesù “meglio per quell’uomo se non fosse mai nato”. Giuda è disperato, abbandonato da tutti, in una angoscia profonda da espiazione, incapace a sopportare quel rimorso che lo aveva portato a gettare i 30 denari del sangue, nel tempio dicendo: “Ho peccato perché ho tradito sangue innocente” (Mt.26,4). Nel Vangelo di Marco, non c’è il nome del traditore, durante l’ultima cena Gesù dirà “Uno dei dodici..” (Mc.14,20), perché forse non c’è o forse perché nessuno aveva tentato di fermarlo e avevano tradito Giuda prima ancora di Gesù o perché tutti lo siamo. Sconcertante è il “sono forse io?” che ha scosso la prima Chiesa; un momento di sincerità e di verità? Se la parola della Bibbia è allegoria anche il tradimento di Giuda dobbiamo interpretarlo, non quindi come appare, una sovrumana cattiveria, bensì come un qualcosa che tutti possiamo fare: “Sono forse io Signore?”.
At.1,26ss.:
Pietro in quei giorni disse “Fratelli era necessario che si adempisse ciò
che nella Scrittura fu predetto .. riguardo a Giuda.”
Qui rimane il dubbio che l’aver identificato in modo inequivocabile il più colpevole tra loro, come da sempre ha fatto la tradizione cristiana e ancora oggi noi, sia stato anche per loro il tentativo di esorcizzare la propria capacità di rinnegare e tradire.. che sappiamo benissimo abitare in noi. E’ ancora Quaresima, con animo sincero rinunciamo ai nostri alibi, ai compromessi di coscienza, alle comode buone ragioni per dire, noi tutti cristiani e non: “sono forse io Signore?”.
Domenica XXV T.O. anno A “..nel ritirarlo (il salario per il lavoro fatto) però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il Leggi tutto…
Domenica XXIV T.O. anno A “Tutto ciò che respira dia lode al Signore”. (Sal 150) Nell’Antico Testamento la parola, come avveniva in tutte le culture del Vicino Oriente, non era un semplice alitare, ma una Leggi tutto…
Domenica XXIII T.O. anno A I giovani la sessualità e la coppia. La sessualità è ansia vitale, è aspettativa di vita, è una insaziabile voglia di libertà, di novità, di creatività. Le attese dei giovani Leggi tutto…
Commento domenicale
Pubblicato da Edoardo Amadio il
Si avvicina la Pasqua, la passione del Signore e il pensiero oggi va a Giuda, uno dei dodici. Il tradimento, il “peccato del mondo”, non è solo del mondo, cioè dei non cristiani, ma sta anche all’interno dei credenti stessi: il mondo non è fuori di noi, ma tra di noi e forse anche in noi.
…quella notte appeso ad un albero muore anche Giuda il traditore; traditore, forse non proprio per denaro, perché chi fa qualcosa per denaro non lo getta via il giorno dopo. Giuda è un uomo come quelli che Abramo non trova, (Gn.,18), colui che un evangelista fa dire a Gesù “meglio per quell’uomo se non fosse mai nato”. Giuda è disperato, abbandonato da tutti, in una angoscia profonda da espiazione, incapace a sopportare quel rimorso che lo aveva portato a gettare i 30 denari del sangue, nel tempio dicendo: “Ho peccato perché ho tradito sangue innocente” (Mt.26,4). Nel Vangelo di Marco, non c’è il nome del traditore, durante l’ultima cena Gesù dirà “Uno dei dodici..” (Mc.14,20), perché forse non c’è o forse perché nessuno aveva tentato di fermarlo e avevano tradito Giuda prima ancora di Gesù o perché tutti lo siamo. Sconcertante è il “sono forse io?” che ha scosso la prima Chiesa; un momento di sincerità e di verità? Se la parola della Bibbia è allegoria anche il tradimento di Giuda dobbiamo interpretarlo, non quindi come appare, una sovrumana cattiveria, bensì come un qualcosa che tutti possiamo fare: “Sono forse io Signore?”.
At.1,26ss.: Pietro in quei giorni disse “Fratelli era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto .. riguardo a Giuda.”
Qui rimane il dubbio che l’aver identificato in modo inequivocabile il più colpevole tra loro, come da sempre ha fatto la tradizione cristiana e ancora oggi noi, sia stato anche per loro il tentativo di esorcizzare la propria capacità di rinnegare e tradire.. che sappiamo benissimo abitare in noi. E’ ancora Quaresima, con animo sincero rinunciamo ai nostri alibi, ai compromessi di coscienza, alle comode buone ragioni per dire, noi tutti cristiani e non: “sono forse io Signore?”.
Buona domenica
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