“Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina l’intera nazione?”
(Giovanni 11,50)
Il “caso Gesù” inquieta i settanta membri di quel Sinedrio, sia per ragioni di tipo religioso, sia soprattutto per un aspetto di tipo politico. (Nell’ordine in vigore allora, le due dimensioni quella politica e quella religiosa erano inseparabili l’una dall’altra) Quel giorno Caifa si leva a parlare e con un tocco di realpolitik conduce la discussione a uno sbocco brutale: occorre eliminare l’ostacolo Gesù. Caifa afferma che è meglio per il popolo la cancellazione della figura di Gesù perché «Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». (Gv.11,48)
L’apparente preoccupazione di Caifa era salvare il tempio, la tradizione, la nazione, ma in definitiva voleva mantenere lo “status quo”, mantenere il potere, quello stesso interesse che poi di fatto condusse alla catastrofe dell’anno 70.
“Esiste nella decisione di far morire Gesù una strana sovrapposizione di due livelli: da un lato, la legittima preoccupazione di tutelare il tempio e il popolo e, dall’altro, l’egoistica smania di potere da parte del gruppo dominante” (Joseph Ratzingher “Gesù di Nazaret”)
Gesù in effetti parlava di un mutamento radicale del culto, il vecchio culto del tempio di pietra è giunto a termine; “..è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. (Gv.4,21-23)
Possiamo quindi leggere questa proposta di Caifa, come una sorta di annunzio teologico “indiretto” sul senso profondo della morte di Gesù: la separazione di popolo di Dio e politica, parte dell’essenza del suo messaggio, quasi una “profezia”.
Si svelano anche così i misteri nascosti sotto gli eventi esteriori. Gli uomini operano in superficie con la loro libertà e con le loro scelte spesso perverse, ma Dio, sotto traccia, sta disegnando un altro progetto paradossalmente antitetico e salvifico.
IV Domenica dopo Pasqua -anno B In quel tempo, Gesù disse: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore”. (Gv 10, 11-18) Questa Domenica è chiamata “La Domenica Leggi tutto…
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PASQUA 2024 “Questo è il mio corpo… questo è il calice del mio sangue”. “Come ad offrire nutrimento al corpo è l’atto di mangiare del pane e non semplicemente guardarlo, nello stesso modo occorre che Leggi tutto…
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Venerdì Santo la morte di Gesù
Pubblicato da Edoardo Amadio il
“Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina l’intera nazione?”
(Giovanni 11,50)
Il “caso Gesù” inquieta i settanta membri di quel Sinedrio, sia per ragioni di tipo religioso, sia soprattutto per un aspetto di tipo politico. (Nell’ordine in vigore allora, le due dimensioni quella politica e quella religiosa erano inseparabili l’una dall’altra)
Quel giorno Caifa si leva a parlare e con un tocco di realpolitik conduce la discussione a uno sbocco brutale: occorre eliminare l’ostacolo Gesù. Caifa afferma che è meglio per il popolo la cancellazione della figura di Gesù perché «Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». (Gv.11,48)
L’apparente preoccupazione di Caifa era salvare il tempio, la tradizione, la nazione, ma in definitiva voleva mantenere lo “status quo”, mantenere il potere, quello stesso interesse che poi di fatto condusse alla catastrofe dell’anno 70.
“Esiste nella decisione di far morire Gesù una strana sovrapposizione di due livelli: da un lato, la legittima preoccupazione di tutelare il tempio e il popolo e, dall’altro, l’egoistica smania di potere da parte del gruppo dominante” (Joseph Ratzingher “Gesù di Nazaret”)
Gesù in effetti parlava di un mutamento radicale del culto, il vecchio culto del tempio di pietra è giunto a termine; “..è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. (Gv.4,21-23)
Possiamo quindi leggere questa proposta di Caifa, come una sorta di annunzio teologico “indiretto” sul senso profondo della morte di Gesù: la separazione di popolo di Dio e politica, parte dell’essenza del suo messaggio, quasi una “profezia”.
Si svelano anche così i misteri nascosti sotto gli eventi esteriori. Gli uomini operano in superficie con la loro libertà e con le loro scelte spesso perverse, ma Dio, sotto traccia, sta disegnando un altro progetto paradossalmente antitetico e salvifico.
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