Domenica 8 maggio 2022 – Giovanni 10,27-30 – IV TOC

Pubblicato da emme il

Appena una manciata di versetti per il vangelo di questa quarta domenica di Pasqua. Ascoltandoli si risveglia il ricordo di altri passi biblici. Sono parole del salmo 23, quello noto grazie al canto Il Signore è il mio pastore. “Sul verde dei suoi prati mi dà riposo. Su onde di calma mi deporrà. Per sentieri che non falliscono Con il suo nome mi guiderà. Percorrerò la valle delle Ombre Senza temere male Perché ti avrò con me…”. Vi ho riconsegnato un buon pezzo del salmo secondo la traduzione di Guido Ceronetti. Ascoltare una voce perché si delinei un tragitto. La parola di Dio è cammino che si apre. Scegliere di ascoltare è decidere di andare da qualche parte. “La parola di Dio era rara in quei giorni”. Leggiamo queste parole nel primo libro di Samuele (1 Sam 3,1), immediatamente prima della chiamata dello stesso Samuele che sarà profeta in Israele. Parola rara non perché Dio sia parco di parole ma perché gli orecchi sono sintonizzati su altre frequenze. Da quanto tempo la parola pace rimbalza da un angolo all’altro del mondo senza trovare orecchi disposti ad ascoltarla? “La mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. Seguiamo se ascoltiamo. Ma ci sono parole che non ci va di ascoltare perché ci sono direzioni che non vogliamo seguire, percorsi che non vogliamo imboccare, sentieri che non vogliamo aprire. Ma sto anche pensando alle parole che noi consegniamo ad altri sperando che possano farne tesoro e considerarle importanti, non sottovalutarle, favorire cammini. C’è una responsabilità in chi ascolta ma c’è una responsabilità ancora più grande in chi sceglie di dire parole e di affidarle a qualcuno. Dove voglio ti conducano le parole che ti regalo, verso me o verso te stesso? Sarebbe interessante saper fare la diagnosi alle nostre parole, dove vogliono portare coloro che le ascoltano, verso dove, verso chi? Le parole che dico che strada vorrei facessero al di là della strada che realmente faranno? Dare parole e dare vita, parole di vita sono quelle che pronuncia Dio, sono parole che fanno quello che dicono. Le nostre parole che vita fanno germogliare, sono parole che poi sanno custodire quello che nasce e fiorisce? Le parole possono mettere al mondo qualcosa di nuovo, penso al sì di due persone che si amano. Ma poi quel sì, quella parola è impegno a proteggere, difendere, promuovere ciò che ho fatto nascere con un vagito. È potentissima l’immagine del vangelo di Giovanni, Dio è colui che trattiene ciò che ama perché non si dilegui, non si frantumi, non si perda. Potrebbe sembrare un gesto possessivo, violento. Abitare e riposare presso l’amore, cos’altro volere. Cos’altro potremmo garantire a chi ci è caro, cos’altro potremmo desiderare per noi. Niente di più, niente di meglio.


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