Domenica 1° giugno 2025 – Ascensione del Signore C – Luca 24,46-53
Stamattina (ieri mattina) ho riletto il vangelo che abbiamo appena sentito e mi son detto: “E adesso cosa dico alla gente che mi ascolta?”. Ho cercato rifugio nella prima lettura, anche lì si racconta l’ascensione. In dialetto veneto ascensione diventa asensa o addirittura sensa. Interessante! E’ la festa che celebra una mancanza, un’assenza appunto. E quando qualcuno manca cosa si fa? Si comincia a fare senza, ci si rimbocca le maniche, se serve ci si asciugano le lacrime, si invoca altra forza. Nei giorni scorsi Assan, dopo 6 anni e 7 mesi, spartiti con noi in canonica, è uscito di casa e ha cominciato a vivere in autonomia, incrociamo le dita perché sia davvero così! Lui fa senza di noi e noi facciamo senza di lui. Ma è un senza che non può non essere pregno di ciò che abbiamo vissuto e condiviso, ed è tanto ve l’assicuro. Tra i testi che proponiamo quando celebriamo la veglia per un defunto, il giorno prima delle esequie, c’è anche la breve frase di una poesia che Rainold Maria Rilke, nel 1911, dedicò a Lou Andreas-Salomè, una donna che amò a lungo: “Ed anche il tuo non esserci caldo è di te ed è più vero, è più del tuo mancarmi”. Mi manchi ma il tuo non esserci è comunque pieno di te. Potremmo dire che è quanto celebra l’Ascensione? “Assenza, più acuta presenza”, recita in modo lapidario un’altra poesia, di Attilio Bertolucci. È l’assenza e la presenza del Maestro che se ne va quasi per esserci più densamente. Non c’è, ma c’è. Tanti di noi ne fanno esperienza in lontananze temporanee e serene o crude e definitive. Non ci sei ma ci sei. E la mia vita è segno di questa assenza presente, ci auguriamo non incombente, non drammatica, non ossessiva. La mia vita Signore, segno, testimonianza dicono i testi biblici, di quel tuo profondo passaggio dentro la mia vita. L’assente che lo Spirito continua a far sentire vivo. E vivo anch’io per essere, non con il naso all’in su, ma con le mani affondate nella terra, il testimone di quell’umanità sovrabbondante che grondava dal Cristo. E allora la mia vocazione sarà esserci, non come fotocopia di qualcuno, ma come originale interprete di un umano che si esplicita appunto nell’esserci, non abdicando al compito di abitare fra gli uomini, non scaricando su altri la responsabilità di esserci. Chi c’è oggi ad invocare e fabbricare la pace? Chi c’è oggi per difendere i diritti delle persone e delle categorie più fragili? Una persona che faceva volantinaggio nei giorni scorsi per i prossimi referendum si è sentita dire da un signore che ha avvicinato che quanto vota, vota per difendere i propri interessi perché di quelli degli altri non gli importa niente. Agghiacciante! Mi auguro non sia una persona che ha la faccia tosta di dichiararsi cattolico.
0 commenti