Domenica 1 ottobre 2023 – XXVI TOA – Matteo 21,28-32 + Filippesi 2,1-11

Pubblicato da emme il

Svuotò, oppure sgonfiò se stesso. Dio che si svuota, Dio che si sgonfia. È un’espressione davvero forte. Svuotarsi, sgonfiarsi… lo si fa se si è umili o se si vuole diventarlo. L’umile è colui che arriva fino a terra, è colui che non mira ad essere tutto, che ha capito che non può bastarsi. Anche Dio l’ha capito, potremmo mai capirlo anche noi? da sempre, di fatto, in gara con Lui e fra noi. L’umile è colui che lascia spazio, che fa spazio e non lo sequestra, non lo sottrae agli altri. Quest’inno di Paolo in cui ci imbattiamo nella lettera ai Filippesi è davvero provocante. Io, continuamente sulle barricate per difendere il mio spazio, contro gli altri che rivendicano il proprio quanto me, sono invitato a lasciarmi invadere dall’altro, altro che opporgli resistenza. Certo, ho tutto il diritto di esserci e di essere riconosciuto ma non necessariamente in opposizione, non per forza contro qualcun altro. Ma, ahimè, la legge che ci governa è questa. Mi scopro debole coi forti e nel cercare il loro favore mi faccio largo per impormi surrettiziamente, subdolamente. E al contempo faccio il forte coi deboli ancora per guadagnare spazio, stavolta più facilmente, spesso spudoratamente. Il bene mio o il bene dell’altro, cosa favorire? In realtà al versetto 4 del passo in questione Paolo raccomanda di non cercare il proprio interesse, ma anchequello degli altri. Forse sta dicendo che cercando l’interesse altrui trovi anche il tuo interesse, il tuo vantaggio. Siamo uomini che tutto fanno per diventare dio, e il Dio di Gesù invece percorre la strada inversa, “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio”. Dev’esserci qualcosa che non funziona. Dio che si fa servo, l’ultimo degli uomini, e l’uomo che si fa dio. Una settimana fa partecipavo ad un convegno organizzato per i 100 dello scoutismo bassanese, sul tema dell’educare, ebbene Katia Provantini in quel contesto diceva, parlando di giovani e del fenomeno dei ritirati sociali, che il problema sta nel fatto che gli adulti di oggi hanno instillato nei giovani l’assillo dell’essere speciali, a tutti i costi. Sei qualcuno se sei speciale. Ma è difficile portare il peso di questa aspettativa. Se poi tutti devono essere per forza speciali come sarà il confronto? Sicuramente spietato. E chi non ce la fa? Se lui è speciale e io no chi me lo fa fare… mi ritiro, sto sul mio, in quell’angolo in cui non ho bisogno di confrontarmi con nessuno. La domanda è un’altra: come stare al mondo normalmente? Come fare in modo che la normalità sia normale e non la peggiore delle condizioni, perché a tutti i costi devo essere speciale? Certo la soluzione non sta nell’indistinto, in un noi in cui siamo irriconoscibili. Io in un noi fatto di tantissimi altri nella fatica di coltivare un medesimo sentire, nel desiderio di essere unanimi e concordi. Bandire rivalità e vanagloria è solo il sogno hippy di chi si fa seguace di un Dio piccolo? Certo è che se non diventiamo umili rischiamo di non capirlo un Dio così e ci basterà concorrere per spodestarlo dal podio per sostituirci spudoratamente a lui.


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