Domenica 10 dicembre 2023 – II di Avvento B – Marco 1,1-8

Pubblicato da emme il

Preparare! Sembra un verbo così poco determinante e invece è fondamentale. Preparare significa non improvvisare. Preparare è la condizione per poter vivere appieno un’esperienza. È il lavoro dei secondi, di coloro che spesso restano nelle retrovie, nascosti, innominati. Alla ribalta vengono altri, quanti beneficiano dell’operosità di coloro che stanno silenziosi dietro le quinte. Oggi la liturgia ci fa incontrare non colui che viene alla ribalta, Gesù, quanto piuttosto colui che ne prepara la scena, Giovanni. È l’uomo dei margini, abita il deserto. È l’uomo dell’essenziale, mangia quello che l’ambiente in cui vive gli offre. Cosa fa Giovanni? È colui che prepara, è il secondo (l’amico dello sposo, si legge altrove nel vangelo) è colui a cui non fa problemi diminuire perché qualcun altro cresca. Mi piace pensare che questa lezione Gesù l’abbia imparata dal figlio di Zaccaria ed Elisabetta. Prepara invitandoci a preparare. A volte capita di sentire qualcuno che, arrivato Natale, ammetta, un po’ malinconicamente, di non averlo sentito. Se non l’hai preparato ti sfido a sentirlo. Giovanni ce lo urla addosso: prepara la strada perché il Signore venga alla ribalta nella tua vita e non rimanga nelle retrovie perché non c’è una scena in cui farlo comparire. Sarà inevitabilmente una scena riempita di niente. Giovanni grida. Noi ci siamo affacciati sul deserto che è questo nuovo Avvento ascoltando il grido di altri Giovanni posti al margine delle nostre distratte esistenze. Il grido delle guerre che resta l’appello assordante a preparare la pace. Vuoi la pace, prepara la guerra (Si vis pacem, para bellum, frase attribuita a Platone), abbiamo spesso sentito. Il vangelo ci dice altro. E poi il grido delle donne, in occasione della morte di Giulia siamo stati invitati non al silenzio ma a fare rumore a preparare così il terreno ad un’altra idea di umano, di donna, ma non solo, rispetto a quella che anche la religione ha tristemente contribuito a forgiare. Abbiamo sentito rimbombare anche il grido dei senza nome, dei tanti che abbiamo ridotto a niente perché non hanno fiato. Il loro grido ci sposti per far loro posto, perché siano finalmente riconosciuti e non siano costretti ad elemosinare la nostra pietà, una pelosa misericordia, così la chiamava Cristina Simonelli. Il grido della terra ci arriva anch’esso forte e chiaro ma, come dice papa Francesco nella Laudate Deum, un’estensione aggiornata della Laudato sì, anche dentro la chiesa c’è chi silenzia questo grido tacciando chi invece lo amplifica di voler creare assurdi allarmismi. L’annuncio da parte di Giovanni di colui che viene dopo non nel segno dell’acqua ma nella potenza del fuoco potrebbe sembrare minaccioso. Anche Gesù non tacerà, griderà altrettanto coraggiosamente sul torpore che anestetizza tanti e ci fa ingoiare di tutto. Basta mettersi un tappo sugli orecchi, basta farsi crescere un po’ di pelo sullo stomaco, basta chiudere gli occhi, basta blindare il cuore perché non si faccia troppo largo. Non sia mai, non sia più, l’Avvento è un tempo che ci domanda di sposare cause, che ci chiede di schierarci. Ce lo urla perfino.


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