Domenica 12 marzo 2023 – III di Quaresima A – Giovanni 4,5-42

Pubblicato da emme il

In questa, chiamiamola pur impropriamente, seconda parte di Quaresima, la liturgia domenicale ci consegna tre lunghissimi racconti tutti tratti dal vangelo di Giovanni: l’incontro con la samaritana, la guarigione del nato cieco, la risurrezione di Lazzaro. Sono vangeli strettamente legati al cammino dei cosiddetti catecumeni, gli adulti che si preparano, nell’immediato, al battesimo, celebrato fin dai primi secoli solo ed esclusivamente nella notte di Pasqua. Gesù qui non fa miracoli, non pone segni, per usare più propriamente il termine giovanneo. E allora, mi domando, perché tanto fermento, perché tutto questo vibrare, questo fremere, attorno alla figura di Gesù? La risposta che mi do mi risulta come nuova rispetto a tutte le altre volte in cui ho messo il naso in questo pezzo di vangelo. I giudei non hanno rapporti con i Samaritani. La donna, approcciata da Gesù presso un pozzo fuori Sicar, lo ricorda a quest’uomo, che ha l’ardire di rivolgersi per primo proprio ad una samaritana, per giunta donna, come sottolineeranno meravigliati i discepoli. Gesù è l’uomo che infrange le regole, che va oltre il consueto, il si fa così, il si è sempre fatto così. Gesù se ne fa un baffo di tutto e sgretola le distanze. Anzi proprio ciò che li contrappone viene preso a pretesto per andare oltre le differenze etniche, di culto, di genere. È proprio questo che rende affascinante quest’uomo e se volete è proprio questo che rende affascinante Dio stesso. Vi ho forse già detto di un libro che ho letto ormai un po’ di anni fa di Cristina Simonelli, teologa di Verona. Contro il noto motto fascista: Dio, Patria, Famiglia, il suo libro titola Dio Patrie Famiglie. E come sottotitolo Le traiettorie plurali dell’amore. Anche Dio abita in quest’orizzonte plurale. Non so se ve ne siete accorti ma da un bel po’ vi sto proponendo non il credo lungo (quello nicenocostantinopolitano), ma quello Apostolico, non perché è più corto, anche se potrebbe essere un buon motivo, quanto perché comincia dicendo Io credo in Dio e non Credo in un solo Dio. Tutto questo andrebbe approfondito nel confronto, capisco che le cose consegnate in velocità in una breve omelia meritano di essere dette meglio… Gesù relativizza le posizioni e abbassando le proprie difese mette a loro agio anche coloro che potrebbero alzarle e stare in guardia. Né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre ma nel santuario che siete. Capite la portata di queste affermazioni? Noi ci contrapponiamo da secoli per spuntarla su uomini non solo di altre religioni, perfino di altra confessione. E fra uomo e donna, visto che ci siamo appena lasciati alle spalle la Giornata Internazionale della donna, quanto faticoso resta armonizzare l’arricchente diversità? E se accennassimo all’incontro fra popoli e culture? È meglio lasciar stare, sul confine dell’umano, non solo delle terre che abitiamo, si infrange la speranza di essere uguali, fratelli. Il dono di Dio, a cui fa riferimento Gesù, l’acqua viva, l’acqua che diventa sorgente, cos’è? Io credo sia la ricchezza espressa da ciascuno, è il fiume di vita che sgorga da ognuno e lambisce la vita di ogni altro favorendo che sulle sue sponde attecchisca la vita che cocciuta aggredisce il deserto. Non so se siamo riusciti a renderci conto del climax che abita il racconto, Gesù è inizialmente l’uomo assetato e via via diventa il giudeo, poi il Signore, un profeta, il Cristo per giungere infine al riconoscerlo Salvatore del mondo, non più per bocca della donna ma di coloro a cui lei racconta di lui. Il salvatore è colui che riporta la vita dove si è spenta. Partecipiamo a questa missione con quell’energia che ci abita, perché il mondo lo salva, non da fuori ma da dentro, un Dio che ci scorre nel profondo.


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