Domenica 12 ottobre 2025 – XXVIII TOC – Luca 17,11-19

Pubblicato da emme il

“Andate a presentarvi ai sacerdoti”, è l’invito che Gesù rivolge ai dieci lebbrosi che gli chiedono aiuto. “Va’, bagnati sette volte nel Giordano: la tua carne tornerà sana e tu sarai guarito”, questo è invece l’invito che il profeta Eliseo fa a Naaman, il comandante dell’esercito del re di Aram. E questo per stare alle suggestioni bibliche dei testi di questa domenica. Ma potremmo pensare anche a Pietro che all’invito di Gesù di riprendere il largo e di calare le reti, risponde: “sulla tua parola getterò le reti”. Oppure, ancora, alla frase che pronuncia il centurione quando chiede a Gesù di guarirgli il servo ammalato: “di’ una parola e il mio servo sarà guarito”. Le parole: quelle che diciamo e quelle che gli altri ci consegnano, sono importanti perchè sono il mezzo per veicolare fiducia. Le parole possono essere credibili e affidabili. Abbiamo tutti un bisogno estremo di parole credibili e affidabili per non vivere nel sospetto, per non diventare guardinghi, per poterci rasserenare, per non dover temere. Essere un uomo o una donna di parola, si usa questa espressione per dire di chi è attendibile. Abbiamo necessità di sentire parole vere, nonché autentiche e invece siamo spesso intasati da parole adulatrici, imbonitrici, da parole false che mistificano la realtà, che la adombrano, che la mascherano, che la confondono. Dobbiamo imparare a dire e a consegnare parole affidabili non solo per difendere la nostra reputazione. Devono impararlo le istituzioni: la politica, perché non siamo merce da comprare, gli organi di informazione perché non siamo disponibili a farci abbindolare. Dobbiamo impararlo tutti perché un vocabolario credibile contribuisce a costruire relazioni vere, a fabbricare fraternità, a far fiorire comunione. Se continuano a dirmi una certa cosa su qualcuno, magari falsa, io finirò per costruirmi un’idea sbagliata di lui e terrò le distanze, pur non avendo verificato, provato, sperimentato se è o non è così. I lebbrosi del vangelo sono l’emblema delle persone etichettate, scomunicate, emarginate e non solo per questioni sanitarie (la lebbra è contagiosa) bensì per questioni religiose che poi diventano sociali (se sei malato è perché sei un peccatore e quindi non puoi essere dei nostri). Parole credibili, affidabili, dicevamo, come quelle che pronuncia Gesù, per cui getto la rete anche se ho già pescato tutta la notte e non ho preso nulla. “Parole, parole, parole… soltanto parole, parole tra noi”, canta Mina. Ma che parole tra noi? Perché possono essere anche soltanto parole ma di quelle che cambiano una vita, di quelle che la vita la guariscono, la rimettono in piedi. Abbiamo bisogno di parole come queste, abbiamo bisogno di dirle e di sentircele dire. Scegliamole bene le parole perché siano il tramite non di un meno ma di un di più di vita.


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