Domenica 13 novembre 2022 – XXXIII TOC – Luca 21-5-19

Pubblicato da emme il

“Di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”. Sono parole cariche di drammaticità soprattutto se consegnate a chi il tempio di Gerusalemme lo sta ammirando, come si ammira e si elogia non solo un edificio ma un sistema, un’istituzione, una società, una cultura. Forse non ci sono più parole di sola ammirazione per ciò che siamo come chiesa, larga parte di un certo mondo religioso si è sfaldata. Certo però continuiamo a parlare con nostalgia di un grandioso, se non glorioso, passato, dei fasti di un tempo, del fatto che contavamo, che pesavamo, che eravamo considerati. Abbiamo nostalgia anche noi di quel passato ormai sfumato? Io vorrei non vivessimo di nostalgie e di rimpianti. Il tempo che viviamo, pur carico delle sue contraddizioni, attraversato com’è da grandissime inquietudini: i venti di guerra che ancora spirano, le tensioni politiche a livello planetario, l’incertezza economia, l’instabilità sociale, i timori che la politica non stia al passo coi tempi e ci faccia recedere sul piano di diritti dati per acquisiti, questo tempo, appunto così magmatico, è l’occasione più propizia per dare testimonianza. Mi auguro non nella forma della restaurazione, di un tradizionalismo di ritorno ma piuttosto nella fantasiosa commistione di vangelo e contemporaneità. Darete testimonianza, afferma Gesù ma precisando senza preparare prima la nostra difesa. Cosa può voler dire? Mah, direi innanzitutto che non necessariamente si tratta di difendersi, qualcuno si sente assediato, circondato, minacciato, quanto piuttosto di incontrarsi per conoscersi. Stare preventivamente sulle difensive e preparare anzitempo l’attacco può non essere la tattica più azzeccata. Rischiamo di nutrire sospetti inutili e di raffreddare il clima di un possibile incontro immaginando che sia già uno scontro. Perché dev’essere necessariamente così? Vorrei una chiesa che del mondo e dei suoi sconvolgimenti non ha solo paura. È il vangelo di questa domenica forse ad autorizzarci ad essere meno ingenui, più guardinghi. Ma ho l’impressione che lo siamo fin troppo e tanto umano rischia di non trovare cittadinanza nei nostri orizzonti così serrati nel disperato tentativo di proteggersi. Mi augurerei non sentissimo il bisogno che certa politica venga a supportarci per tenere in piedi i bastioni di difesa perché il vangelo domanda piuttosto di scendere in campo, di entrare nell’agone e lì consegnare la disarmante bellezza di un annuncio che riedifica insieme l’umano senza inutili e pericolose contrapposizioni. Vorrei avessimo occhi per contemplare non le rovine ma un fantasioso futuro fatto delle pietre che siamo, ogni uomo e donna pietra dell’edificio nuovo che è la chiesa, casa tra le case, non fortino che teme gli assedi, ma focolare attorno a cui sedersi per spartire il meglio di ciò che siamo. 


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