Domenica 17 settembre 2023 – XXIV TOA – Matteo 18,21-35

Pubblicato da emme il

Nel vangelo di questa domenica risuona una parola bella e faticosa: fratello. Torna un paio di volte, in apertura e in chiusura, ai margini della parabola che Gesù racconta per parlare di perdono a dei fratelli. Chi mi è fratello? Non è il fratello di sangue, questo ce lo conferma l’uso della lingua ma lo attesta anche il modo in cui Gesù si è fatto fratello. La parola greca e latina ha un debito col sanscrito. Fratello in quella lingua e bhratar, sentite quanto il suono è vicino all’inglese brother. La cosa interessante è la radice di questa parola che rimanda all’idea di sostentamento e nutrimento. Il fratello è colui che, ci sia o meno il sangue di mezzo, si occupa di te, non accetta che tu deperisca o perisca. Il fratello grande della parabola di Luca 15, del fratello piccolo deperito se ne fa un baffo, la storia qui si ripete a partire dalla vicenda di Caino e Abele e torna a riproporsi fino a lambire le rive delle nostre storie personali e collettive. Quel figlio sembra non aver niente a che spartire neppure col padre, che l’aggettivo misericordioso, non potrebbe descrivere meglio, un padre da cui dovrebbe imparare. L’inglese father (padre) e brother (fratello), sentite quanto si assomigliano? Il fratello è colui che diventa per te come un padre che come nella parabola uccide il vitello grasso per chi non poteva neppure cibarsi delle ghiande dei porci per placare i morsi della fame E il perdono non è forse quel pane che nutre e sostiene il tuo cammino di uomo fallibile, fragile, bisognoso di misericordia, come appunto di pane. Il perdono che ti rimette in piedi come il cibo che mangi, il perdono che ti rinfranca e ti risolleva come ciò di cui nutri il tuo corpo. Se nella lingua greca mettiamo il cosiddetto alfa privativo davanti alla parola fratello ne esce la parola asociale, colui che nega la relazione e fa spazio nel proprio cuore all’istinto della guerra, della violenza. Se non sei un fratello la tua umanità scade così in basso da renderti addirittura protagonista del tragico raccontato nella parabola, mi sei compagno ma ti prendo per il collo, ti faccio sbattere in prigione. Chi ti dovrebbe essere compagno diventa l’antagonista, il nemico, l’avversario. Altro che occuparsene, altro che sostenerlo. Pietro domanda quante volte dovrà perdonare il fratello. Questo verbo: dovere, mi fa pensare: non posso non perdonarti se mi sei fratello. Sarà affare del cuore, lo dice Gesù al termine del racconto. Mettere in campo il cuore per restare fratelli, per non mandare a gambe all’aria questa vocazione che è la più alta. L’uomo se non è fratello che uomo sarà mai? Sarà certo meno uomo.


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