Domenica 19 marzo 2023 – IV di Quaresima A – Giovanni 9,1-41

Pubblicato da emme il

“Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?” Cos’ho fatto di male per meritarmi quello che mi sta succedendo? Corre anche sulle nostre labbra questo grido. Se il male si avvicina e mi aggredisce significa che ho fatto qualcosa di male e se credo invece di non aver fatto nulla di male me la prendo con Dio perché ha sicuramente sbagliato il bersaglio. Non doveva colpire me o chi mi è caro ma qualcun altro, qualcuno di cattivo, il mondo è pieno di gente cattiva che continua a prosperare e a vivere giulivamente. Sono un sacco le persone che ragionano così quando il male si approssima e ce ne sono altre che tentano di guarire il passato oscuro, ferito che ha segnato la propria famiglia se l’idea è che possa influire negativamente su di me e sul mio presente, sono le cosiddette guarigioni intergenerazionali. Un sacco di gente vi ricorre come soluzione al male che sentono. Chi ha peccato? “Né lui ha peccato né i suoi genitori”. Questa è la risposta di Gesù là dove si parla insistentemente di peccato. E cosa fa Gesù al di là delle parole? Ripete il gesto dell’inizio, sputa la saliva nella terra e ne ottiene del fango, in sostanza rimpasta l’uomo, lo rifà e lo rimette nel mondo capace finalmente di vedere se stesso e ciò che gli sta intorno con occhi altri. È l’uomo che non recrimina sul passato, che non cerca capri espiatori ma accoglie l’energia per rispondere oggi e qui al bisogno di abitare il mondo e le relazioni protagonisti di tutto il bene possibile. Ci sono un altro paio di elementi di questo lunghissimo vangelo che mi colpiscono. La pletora di quanti smorzano lo slancio per dar forma al nuovo, i troppi detrattori che continuano a trascinare a terra chi ha messo le ali e sogna un altro mondo possibile. I farisei del vangelo tirano in ballo la legge sul sabato, la questione della purità, della dignità. Ditemi se anche oggi tutti questi discorsi non trattengono l’umano al di sotto delle sue migliori possibilità. E sono discorsi che oggi facciamo noi gente di chiesa. Quanta umanità da liberare rispetto alle possibilità che può esprimere, e siamo qui ancora a parlare di dignità. L’altra cosa che ho notato è il fatto che quanti conoscevano quel cieco ad un certo punto si chiedono se sia o non sia lui. Tanto è nuovo! E lui risponde: “Sono io!”. Il passo fra il “Sono io” e l’ “Io sono” di Esodo è alquanto breve. Quando Mosè sull’Oreb chiede a Dio il nome, è così che Dio risponde: Io sono. Quanto sono vicini Dio e l’uomo. Spalmando quel fango sugli occhi dell’uomo nato cieco, cioè sull’uomo ripiegato sul proprio ego, Gesù ricorda a quest’uomo, che siamo tutti, l’altezza vertiginosa cui si è chiamati: un’umanità talmente grande e bella da coincidere col divino. Immergersi nell’umano di Gesù è la strada che si offre a chi come noi decide di stare in cammino.


0 commenti

Lascia un commento

Segnaposto per l'avatar

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *