Domenica 21 aprile 2024 – IV di Pasqua B – Giovanni 10,11-18
Pastore e mercenario. In questa domenica, come ogni anno nella quarta di Pasqua, torna il tema del buon pastore, e il capitolo dieci di Giovanni è quello a cui si continua ad attingere. Sono rese chiare le differenze fra il pastore e il mercenario. Il mercenario non è il proprietario delle pecore e quindi non gli importa davvero delle pecore, se sopraggiunge un pericolo si salva, da solo. Il pastore invece conosce le pecore, il vangelo non dice che ne è il proprietario, ma le conosce e per questo è disposto a dare la vita per loro, nel pericolo non scappa, resta. Conoscere, questa sembra essere la discriminante. Conosco le mie pecore. E se conosco non posso restare indifferente. Se conosco amo, se ti conosco faccio di tutto per te, ti do la vita, cioè sciolgo la mia perché ti serva, la consumo perché ti torni utile. Nessuno me la toglie, nessuno me la estorce, la vita. No, no, è per te la mia vita, e scelgo proprio di donartela, perché ti amo, perché ti conosco. Conoscere, voce del verbo amare. Potremmo fare un piccolo passaggio: mercenari con chi? pastori con chi? Mercenario e pastore, due facce della stessa medaglia. Noi siamo al contempo mercenari e pastori. Indifferenti e attenti, distaccati e coinvolti, insensibili e partecipi. Noi siamo una cosa e l’altra, insieme. Per qualcuno una di queste facce, per qualcun altro il suo contrario. Perché siamo anche mercenari? Perché non conosciamo o non vogliamo conoscere. Quando arrivi a conoscere non puoi starne fuori. È per questo che a volte preferiamo non sapere, non vedere, non sentire. Per non conoscere, per non doverci essere. In questi giorni sono stato tirato dentro ad alcune situazioni, una ragazza giovanissima è incinta, un’anziana donna è in difficoltà abitativa, un giovane uomo si è giocato tutto lo stipendio in un centro scommesse. Puoi starne fuori? Se restano notizie da giornale, forse sì. Ma se questi volti li incontri e li conosci, no. La tentazione è quella di proteggersi, di non farsi coinvolgere. E invece siamo quelli che devono far conoscere Lui, il Signore, facendo sapere chi siamo noi: pastori non mercenari. Il mondo non ci conosce perché non ha conosciuto lui, scrive Giovanni nella sua prima lettera. E noi diciamo che il mondo continuerà a non conoscere Lui se noi non riveliamo che siamo come Lui, che la vita l’ha data. Saremo simili a lui? Domani? Possiamo già cominciare ad assomigliargli, perché aspettare? Nel passo di Atti si fa riferimento alla guarigione di un infermo. Nel nome di Gesù quel tale viene salvato. Cioè? Cos’è successo? È successo che nel nome di Gesù qualcuno fa qualcosa, vede, sente e non ne resta fuori. Non è più Gesù a salvarlo, sono io che essendomi sentito amato da lui, combino qualcosa e non resto blindato nella mia apatia, ibernato nella mia indifferenza.
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