Domenica 22 maggio 2022 – VI di Pasqua C – Giovanni 14,23-29
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi”. Siamo ancora dentro, come una settimana fa, al grande discorso di addio che Gesù destina ai suoi. La pace come il frutto buono della Pasqua. Ma le armi in Ucraina non hanno taciuto nemmeno a Pasqua. Sostiamo per un attimo sul testo di Atti degli Apostoli. Quello che trovate raccontato è l’esito di un percorso di discernimento che occupa tutto il capitolo 15 del libro in oggetto. Sarà il cosiddetto Concilio di Gerusalemme a decidere che quanti approdano al cristianesimo provenendo dal paganesimo e non dal giudaismo non siano obbligati ad assumere le tradizioni religiose dell’ebraismo e tra queste la circoncisione. Al risultato si è approdati attraverso un lungo, estenuante, concitato cammino di confronto. Proprio nel frammento che oggi la liturgia ci consegna si parla di discussioni animate provocate dal fatto che le posizioni sono diverse e apparentemente inconciliabili. L’obiettivo sarà incontrarsi magari senza essersi scannati e pervenire ad una soluzione che consenta a tutti di ritrovarsi. La pace non può che essere il serio cammino del venirsi incontro abbandonando le proprie rigide posizioni e trovando nuovi punti di convergenza. Chi si sposta fisicamente da un posto corre il felice rischio di incontrare un altro che forse ha fatto il suo stesso sforzo. Mi muovo e ti incontro e le soluzioni fioriscono. Ma devo spostarmi. Ecco la pace. E se transitiamo velocemente tra i versetti di Apocalisse mi sembra interessante sostare sul fatto che la città che scende dal cielo, che viene da Dio, ha sì grandi e alte mura ma ha anche ben dodici porte, aperte su ogni lato, spalancate su ogni orizzonte, in comunicazione con ogni altrove. Altro bel messaggio. La pace non è il risultato di una chiusura ostinata all’altro ma tutt’altro è rendere porosi i propri confini, personali, famigliari, sociali, ecclesiali… Barricarsi è prepararsi alla guerra, aprirsi è lavorare per la pace. Al cuore di quella città che viene da Dio non c’è Tempio, il Tempio è la presenza luminosa dell’Altro e degli altri. E approdiamo finalmente al vangelo e alla frase con cui abbiamo aperto questa riflessione. Un’amica mi chiedeva una settimana fa se si potesse parlare di guerra giusta. La dottrina cattolica la contempla e anche i vertici della chiesa, se non bastassero i politici di mezzo mondo, hanno rimesso in circolo questo concetto. È difficile esaurire la questione con poche battute. Il vangelo e la vicenda del Cristo ci dicono che la pace è soltanto il risultato di ciò che sono disposto a perdere perché si ripiombi nella pace. Se io resto armato, ma non pensiamo per un attimo all’Ucraina, pensiamo ai rapporti fra noi, la pace sarà semplicemente un miraggio, un sogno, un buon proposito. Disarmarsi, a partire dai pregiudizi, martedì se vi ricordate si è celebrata la giornata contro l’omofobia. Disarmarsi, a partire dal pensare che ci sia stato fatto un torto al quale vorrei rispondere con chiusure e rifiuti. Disarmarsi. È quello che hanno fatto i genitori del piccolo Tommaso. La macchina della mamma di un suo compagno d’asilo l’ha accidentalmente investito uccidendolo. Il papà di Tommaso ha detto:” Quella donna non ha colpa, siamo pronti ad abbracciarla”. Amarsi o armarsi, era il messaggio della vignetta del foglietto parrocchiale di una settimana fa. Amatevi o armatevi?
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