Domenica 25 settembre 2022 – XXVI TOC – Luca 16-19-31

Pubblicato da emme il

“Libera dalla schiavitù dell’egoismo coloro che sono sordi alla voce di chi invoca aiuto”. Sono potenti le parole della colletta di oggi. Schiavi dell’egoismo, noi, come il ricco di cui si parla nel vangelo, noi, come gli spensierati di cui scrive il profeta Amos. “Tu, uomo di Dio, evita queste cose”, abbiamo letto in apertura della seconda lettura, dalla prima lettera di Paolo a Timoteo. E’ tutto detto! L’egoismo è una malattia che dovremmo curare perché non è sano che il centro di tutto sia io e solo io. È una malattia anche la bassa stima di sé, rinnegarsi, annullarsi. Anche questo non è affatto sano, e c’è chi ne soffre. Mi piace imbattermi con voi in questo pezzo di vangelo così sociale dove si parla sì di oltre ma rimandandoci al nostro qui, rispedendoci nel nostro ora. Noi credenti ci siamo a lungo spacciati per specialisti delle rotte del cielo ma siamo brutalmente costretti a confrontarci, a misurarci con la terra, che resta, ahimè, l’unica strada per aspirare al cielo. “Hanno Mosè e i profeti, ascoltino loro”, risponde Dio al ricco che invoca pietà per i cinque fratelli, uomini come lui, distratti. Oppure, ricordate gli angeli sul monte dell’ascensione che agli apostoli rapiti dicono: “Perché state a guardare il cielo?” al fine di ricondurli alle responsabilità terrene. O ancora, Gesù che dopo i fatti sul monte della trasfigurazione, invita i tre che gli hanno fatto compagnia a scendere e ad essere, nel groviglio del loro oggi, segno di quello che hanno visto. Siamo egoisti da curare? Probabilmente sì. Quando non vogliamo incrociare le rogne degli altri e ci bastano le nostre. Quando non abbiamo occhi per la fatica altrui, o orecchi tesi ad ascoltare la voce di chi chiede aiuto, o braccia larghe per raccogliere l’umanità prostrata. Cosa può curare l’egoismo? Può curarlo la politica, se non è malata essa stessa di egoismo. Può curarlo l’economia o la finanza se anch’esse non sono intaccate dal tarlo dell’avidità. Può curarlo la morale quando non diventa moralismo e il bene dell’uomo è confuso con la mia idea di bene. Egoismo di fatto significa pensare che l’altro non debba necessariamente avere le opportunità che ho io e questo magari vantando primati di cui non ho merito, vantaggi che non mi sono conquistato. E se entrando in chiesa vi avessi messo in mano a caso la bandiera di uno dei tanti paesi di questo mondo e magicamente (puf) uscendo di qui finiste in una qualsiasi di quelle terra? Potrebbe essere l’Iran e la piazza in cui 30 giovani sono stati uccisi tra coloro che manifestavano contro l’autorità per l’arresto e poi la morte di una ragazza che portava male il velo. Oppure potrebbe essere la Libia e precisamente le sponde di quel paese su cui si ammassano uomini e donne in attesa di solcare il Mediterraneo per approdare in Europa. Oppure l’Ucraina o magari la Russia dove i 30-40enni che possono tentano, con ogni mezzo, di varcare i confini per non correre il rischio di finire a combattere una guerra che non vogliono. Oppure, al confine fra Bosnia e Croazia che non è qui il luogo magico delle nostre mete vacanziere ma il posto in cui la polizia continua a respingere brutalmente chi viene dall’orrore della guerra in Siria o in Afghanistan… Egoisti. Non sia la paura della morte a guarirci o a spaventarci quanto piuttosto l’immergerci con coraggio nel vivo della vita. Questa, non un’altra, oggi, non in un indefinito domani. Curiamo l’egoismo, foss’anche egoisticamente, per continuare a vivere, contro il rischio di svanire nel per sempre senza un nome. Viviamo intensamente senza la paura di inferni futuri quanto piuttosto preoccupati di trasformare gli inferni terrestri, se non in paradisi, in luoghi umani e vivibili. Ma serve una mentalità diversa da quella che prepotentemente ci sequestra la mente e ci requisisce il cuore.


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