Domenica 27 novembre 2022 – 1 di Avvento A – Matteo 24,37-44

Pubblicato da emme il

“Non si accorsero di nulla”, si dice nel vangelo circa coloro che vennero sorpresi dal diluvio, contrapponendoli a Noè che invece non si fece trovare impreparato. Non si accorsero di nulla perché distratti da una vita gonfia, che scorreva senza tregua, senza soste, quelle che servono alla vita per dirsi tale, per darle significato, valore. È forse quello che capita anche a noi che attraversiamo la vita forsennatamente, come fosse una pantagruelica scorpacciata, divoriamo tutto a velocità supersonica. E tutto ricomincia così riempendo i nostri giorni, uno dopo l’altro. “È ormai tempo di svegliarvi dal sonno”, scrive Paolo ai Romani. Più che dal sonno, dal torpore, direi, quello che ci anestetizza la vita e la rende distrattamente uguale, banale, superficiale. Tutto finisce sotto il rullo di una vita che divoriamo senza accorgersi di quello che sentiamo e di quello che sentono gli altri. È una vita piena di cose da fare, di persone da incontrare, di incombenze da espletare e tutto resta indistintamente sommerso in questo scorrere malato. Nulla che torni a galla, nulla che sembra avere diritto di riemergere, nulla che meriti un briciolo di attenzione in più, un po’ di considerazione e non solo di ciò che passa dentro la vita degli altri, no, anche di ciò che transita nella nostra e chiede di essere ascoltato, visto, illuminato. Allora svegliamoci, per rendere un pochino più umana la vita, perché non tanto il diluvio quanto il giorno che si offre nuovo ad ogni risveglio sia accolto come merita. L’Avvento che cominciamo è quel giorno che si approssima e nell’approssimarsi ci domanda di smettere le tenebre e indossare la luce. “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo”, leggiamo ancora da Romani. È forte anche quello che ci offre la prima lettura, tratta da Isaia. Egli parla di trasformazioni necessarie, di passaggi irrinunciabili, di transizioni vitali. Non si tratta soltanto di mettere fiori sulla bocca dei cannoni, era uno degli slogan del ’68. Si tratta piuttosto di convertire i nostri artigli perché è da noi che esce la morte e consegnarci disarmati all’altro, non asserragliati, non sulla difensiva, non guardinghi. Vorrei che senza distrazioni quello che comincia fosse consapevolmente un tempo in cui tornare alla scuola del vangelo per ridefinire i contorni della mia umanità che la vita può aver un po’ sbavato, scolorato. Sia un tempo in cui il Signore possa tornare ad insegnarci le sue vie, un tempo in cui tornare a camminare per i suoi sentieri, se avessimo divagato un po’ in giro tanto da smarrire i connotati che ci fanno umani. L’umanità dilaghi come la luce che investe il giorno e contenga la disumanità che ci sfigura e ci consegna ad una notte che sembra non aver fine. Maranatha, vieni Signore Gesù.


0 commenti

Lascia un commento

Segnaposto per l'avatar

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *