Domenica 28 gennaio 2024 – IV TOB – Marco 1,21-28

Pubblicato da emme il

“Insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Insegnare è sostanzialmente dire cose. Ma insegnare con autorità cosa significa? Mi viene in mente che nel vangelo, rispetto agli scrivi, cioè agli esperti, ai maestri di professione, si dice anche: “Dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”. È facile dire a questo punto che chi insegna con autorità è colui che dice e anche fa, che non si esime dallo sporcarsi le mani. Qualche tempo fa ho visto il film Rustin sulla storia dell’attivista non violento Bayard Rustin. È l’uomo ‘sconosciuto’ che di fatto fu l’anima della Marcia su Washington che nell’agosto del 1963 portò nella capitale statunitense quasi 300 mila persone per manifestare pacificamente per i diritti civili. Fu l’evento nel quale, davanti al Lincoln Memorial, Martin Luther King pronunciò il suo discorso più celebre, I have a dream. Ebbene nel film, al termine della marcia, le personalità più in vista, i grandi vengono ricevuti dal Presidente degli Stati Uniti, Rustin viene invitato ad unirsi alla delegazione ma rifiuta l’invito e sapete cosa fa? Inizia a raccogliere l’immondizia lasciata per terra dopo la manifestazione. “Susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò”. Questo passo del Deuteronomio può essere letto in prospettiva cristica, quel profeta sarà Gesù. Ma quanti uomini e quante donne ha partorito il mondo, profeti e profetesse che hanno seminato parole e gesti autorevoli per fecondare ogni tempo della nostra vicenda. Parole e gesti, quelli di Gesù e quelli di tante e tanti che hanno tentato di estrarre dal nostro dentro tracce di disumano, che hanno fatto il possibile e l’impossibile per mettere a tacere le peggiori espressioni della nostra umanità. Ci stiamo lasciando ormai alle spalle il Giorno della Memoria, la memoria dell’orrore contro cui il ‘Taci’ di tanti non ha avuto effetto perché il silenzio dei più ha ammutolito quel grido. “Straziandolo e gridando forte”. L’indemoniato del vangelo è come una partoriente che sta espellendo non la vita ma la morte che gli sta dentro e gli sta abitando l’anima. “Se ascoltaste oggi la sua voce!”, abbiamo pregato col salmo 94. Ascoltare una voce per essere guariti anche se apparentemente darvi retta sembra come decretare la nostra rovina. Il vangelo, la nostra rovina? Sì, direi di sì. Ma lo diciamo senza apprensione, felici che possa essere così se è la rovina di tutto ciò che amore non è, scrive Ronchi. Sono rovinato perché ho permesso al vangelo di esercitare la sua autorità sulla mia vita? Magari fosse così, sarebbero in circolo più uomini e meno demoni.


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