Domenica 28 maggio 2023 – Pentecoste – Giovanni 20,19-23
Se parlassimo tutti una stessa lingua ci complicheremmo meno la vita. Sai che bello, ovunque vai ti capiscono, e tu comprendi tutti. Quanta fatica risparmiata. L’avevano fatto un tentativo inventando, verso la fine dell’800 una lingua artificiale, l’esperanto, ma non sembra abbia avuto molta fortuna questo esperimento. Se andiamo ben più lontani ci imbattiamo nel mito, che non è solo biblico, di Babele, la città in cui si parla un’unica lingua e tutti si comprendono. Dio, dispettoso, interviene e confonde le lingue perché nessuno si capisca più. Perché? Forse perché il progetto che gli uomini stavano cullando era malsano: arrivare al cielo, spodestare Dio, sostituirsi a lui. Ma la verità di noi sembra un’altra, siamo limite eppure agogniamo di varcarlo anziché conviverci il più serenamente che si può. Le alternative esistono. Se l’unica lingua è strada veloce verso la conquista dell’impossibile, le tante lingue sono il sentiero certamente lento e arduo per incontrare la ricchezza della diversità. Cosa preferire? Smarriremmo il patrimonio della differenza se ci uniformassimo parlando un’unica lingua, sarebbe una perdita inaudita. A Pentecoste, questo è il miracolo che racconta il libro degli Atti, al risultato di capirsi si arriva comunque ma per una strada meno diretta. Imparo a dire nella lingua che parli tu, e sento dire la stessa cosa nella lingua che parlo io. Se volete, le cose non sono così diverse rispetto a quanto capitava a Babele, è diverso il metodo. Qui e là tutti perseguono un medesimo scopo. Ma è diverso arrivarci passando con un rullo compressore sopra le differenze dall’arrivarci invece esaltandole, celebrandole, riconoscendole, le differenze. Qualcuno potrebbe dire che è una perdita di tempo, arriviamo al dunque e togliamo di mezzo ogni inutile fatica. Ma posso permettermi di perdere per strada la tua ricchezza raccontata dalla tua diversità? Sì, siamo un corpo solo, ci ricorda Paolo in Corinti, ma siamo uno in virtù di colui che sa tenere insieme quei molti che fanno l’uno. Ogni elemento di quell’uno dev’essere vitale per assicurare vitalità al corpo che siamo insieme. Lo Spirito di Dio è la forza che tiene vitalmente insieme il tutto, non siamo pezzi accostati l’uno all’altro, semplicemente giustapposti, siamo un tutto di tutti per cui transita lo Spirito. Ma il progetto qual è? Sì, perché il nodo è questo. Ci si può alleare per il progetto sbagliato, in questo gli uomini sono maestri, e lo si può fare per finalità alte, nobili, serie. “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”, leggiamo sempre da Paolo: il bene comune, il tutto attraverso tutti, il tutto mediante la ricchezza di ciascuno, il tutto nella valorizzazione di ogni innegabile differenza.
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