Domenica 4 dicembre 2022 – 2 di Avvento A – Matteo 3,1-12

Pubblicato da emme il

Non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Il vangelo riporta le parole di Giovanni il Battista con le quali oggi mette in guardia noi che possiamo correre il rischio di vivere senza farci sfiorare dall’idea che sia necessario cambiare. E per cambiare intendo portare a piena maturazione la nostra umanità, perché non resti acerba. Che la scure sia già posta alla radice dell’albero che siamo non l’avverto come una minaccia, tutt’altro, quasi come un’occasione, se pur violenta, affinchè una decisa sterzata rimetta in pista la mia vita, le riconsegni una rotta precisa dopo mille distratte sbandate. Sentivo raccontare di quanto sta succedendo nei boschi colpiti dal Vaja, il vento impetuoso che ha spezzato e sradicato, centinaia di migliaia di alberi, era la fine di ottobre del 2018. Ebbene, laddove la tempesta ha fatto il disastro, stanno rispuntando i virgulti di un nuovo che incombe. “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici”, abbiamo letto dal profeta Isaia. Avessimo il coraggio del nuovo, dell’inedito, se presumessimo, un po’ arrogantemente, di stare dalla parte giusta, per mille infondati motivi. Rispuntare dal basso… non è una buona notizia? O siamo convinti che lo sia piuttosto lo svettare fra tutti, millantando ed esibendo superiorità? Il vangelo che lasciamo gocciolare dentro la vita sia come la pala che serve a separare il grano dalla pula. La paglia bruci pure se il grano è messo in salvo. Vangelo che filtra nella vita perché la visione, il folle sogno del profeta non sia farneticazione ma trasformazione radicale del reale. La bestia selvaggia e l’animale domestico convivono, mangiano e riposano insieme. È la convivialità delle differenze, è non aver paura di te ma anche il non farti paura. La bestia pericolosa non è sempre l’altro. Se fossi io la bestia da ammansire, da addomesticare? Forse la conoscete la storiella che racconta di una capretta che in una notte buia e piovosa trova riparo in un capanno dove sopraggiunge qualcun altro a cercare rifugio. Si tratta di un lupo e sappiamo qual è il mestiere del lupo. Quel buio nasconde le differenze, fa mettere in comune il bisogno di compagnia e fa evaporare la paura. In quel buio i due personaggi della storia finiscono per assomigliarsi, le distanze si annullano. Si salutano prima che il sole li consegni all’altro nella verità. “Fate dunque un frutto degno della conversione”, abbiamo ancora letto nel vangelo. Che bello sarebbe se proprio alla luce del sole potessimo accostarci agli altri nella verità di noi senza paura e senza mettere paura disposti ad ammansire la nostra bestialità imparando dai mansueti, dai miti, per abitare la vita il più umanamente possibile.


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