Domenica 4 febbraio 2024 – V TOB – Marco 1,29-39

Pubblicato da emme il

Pensavo di soffermarmi a commentare la seconda parte del vangelo che abbiamo letto e di concentrarmi con voi sul fatto che Gesù non si lascia usare, non cavalca la sua notorietà, non approfitta del fatto che sta già diventando qualcuno. Non si monta la testa, non cede alle lusinghe di questa impennata di consenso. Resta umile perché il cuore sta altrove, presso il Padre, sulle cui tracce si rimette. Si immerge nel silenzio, si consegna alla preghiera per non farsi abbagliare dal dilagare della fama. “Tutti ti cercano”, gli dice un Simone trafelante dopo averlo finalmente scovato. Che ci sia la segreta, l’intima speranza di spartire la stessa gloria, di beneficiare della sua popolarità. A chi piace essere nessuno. Se qualcuno mi aiuta ad essere qualcuno, tanto meglio. E se quel qualcuno sono io che problema c’è se altri salgono sul carro del vincitore? Potrebbe essere tracciato già qui l’abbozzo di quel che verrà definito il segreto messianico? Di cosa si tratta? Gesù, anche per la necessità di capirsi, non intende essere messo sul palcoscenico. Che senso dare alla sua vicenda? Quello che dice e fa crea sì movimenti di dissenso ma anche tanto consenso e un seguito notevole. Il silenzio che spesso intima ai malati guariti o a coloro che assistono ai suoi prodigi potrebbe essere dettato dalla cautela, dal bisogno di non far passare una certa idea di sé. Nel percorso, nel dipanarsi della sua vicenda Gesù maturerà il senso del suo esserci e aiuta i suoi e noi a non storpiarlo, a non piegarlo al nostro bisogno. Non il trionfo ma la sconfitta, non il crescere ma il diminuire, non il salire ma lo scendere racconteranno di Dio, lo sveleranno senza fraintendimenti. “Andiamocene altrove”, dirà ai suoi, da un’altra parte dove tentare di esserci non per crescere ma per far crescere. Ma vi dicevo che avrei voluto sostare su altro, su cosa? Su ciò che ho scoperto di nuovo grazie a qualcosa che ho letto. Sembra che la prima parte del vangelo di questa domenica dica qualcosa di più profondo di ciò che in apparenza sembra dire. Dalla sinagoga alla casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. Qualcuno afferma che in queste parole si racconti di fatto il passaggio da una religiosità più istituzionale ad un’idea più intima e relazionale della stessa. Dalla sinagoga alla casa-chiesa, come luogo di relazioni di prossimità, dove l’ordine non è stabilito dai riti e dalla precisone con cui si compiono ma dalla profondità dei rapporti, dal prendersi cura delle reciproche fragilità. Le due coppie di fratelli traducono l’idea di una comunità al cui cuore stanno le relazioni. La suocera di Pietro in questa lettura altra diventa l’immagine di una chiesa accasciata che già ha disimparato che il suo senso è servire perché di fatto si sta facendo servire. Pensate che il verbo usato per dire che quella donna è rimessa in piedi da Gesù è lo stesso che si usa per raccontare la risurrezione. Questa è la guarigione che Gesù è venuto a portare all’uomo di sempre: capacità di mettersi a servizio degli altri, ossia vivere da risorti: «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita [e dunque risorti] perché amiamo i fratelli» (1Gv 3, 14).


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