Domenica 4 giugno 2023 – Santissima Trinità – Esodo 34,4b-6.8-9

Pubblicato da emme il

Nel breve passo, tratto da Esodo, di Dio si dice che “si fermò presso di lui”, presso Mosè, che “passò davanti a lui”. E poi sentiamo Mosè chiedere a Dio che “cammini in mezzo a noi”. Mi piace un sacco sentir parlare così di Dio. È un Dio di cui puoi avvertire la presenza perché non è lontano, è un Dio che non si nasconde, è un Dio che mi accompagna. È un Dio che svela il suo nome. Se ricordate al capitolo tre di Esodo (roveto ardente) fu Mosè a chiedere a Dio di dirgli il suo nome. E lui in modo molto enigmatico gli disse: Io sono colui che sono. Su questo sono stati davvero scritti fiumi di inchiostro. Che nome è, cosa mai vorrà dire? Potrebbe essere il modo per dire che non può e non vuole rivelare il suo nome o comunque che quel nome dice di un mistero che non può essere totalmente espresso, afferrato e che Dio non può essere imprigionato nelle parole. Ma anche i nostri nomi non rivelano fino in fondo il mistero che siamo. Se pronunciassi il vostro cosa riuscirei a dire di voi, e voi di me? Gli ebrei quando si imbattono nel nome di Dio, il cosiddetto tetragramma sacro, sapete cosa fanno? Non lo pronunciano e lo sostituiscono leggendo Adonai. È il rispetto totale per il mistero, per ciò che non puoi possedere. Ci sfiora l’idea che gli altri vanno trattati allo stesso modo? Ma nel passo di Esodo di oggi è Dio stesso che dice il suo nome, che lo consegna: “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”. Che bel nome. I musulmani recitano i 99 nomi di Dio. Sapete qual è il primo della lista? Proprio Il misericordioso che in arabo si pronuncia Ar-Rahmaan. Perché ve lo dico? Perché è la stessa parola ebraica Rahamin. Credo di avervene già parlato. È la parola per dire viscere, grembo, utero. Il Dio di Gesù ama l’uomo di un amore viscerale. È l’amore che viene da dentro, dal profondo, dall’intimo. Chi lo estirpa, chi lo sradica un amore così? Rahamin, sono le parti molli, morbide, tenere del nostro dentro. Che bello parlare di Dio così, e di noi come si può parlare, cosa si può dire? Noi come lui? La questione del suo nome solleva la questione del mio. Lui misericordioso, pietoso, lento all’ira, ricco di amore e fedeltà. Noi chi siamo, io chi sono? Nella lingua del nuovo testamento, il greco, la parola che dice di Dio è tradotta con un termine quasi impronunciabile splanchnizomai, lo si usa per raccontare la compassione di Gesù davanti alla bara del figlio unico della vedova di Nain, o al cospetto della folla affamata che lo sta seguendo da giorni, o davanti ai due cechi di Gerico, o al lebbroso, o per la compassione del buon samaritano o del padre che è appunto detto misericordioso nel vangelo di Luca. Splanchnizomai, dice di un cuore attanagliato da un sentimento incontenibile. Oggi la liturgia ci fa celebrare la festa della Santissima Trinità. E noi diciamo di un Dio così per tentare di dire anche di noi a partire da quanto si dice di lui.

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