Domenica 7 aprile 2024 – II di Pasqua B – Giovanni 20,19-31

Pubblicato da emme il

Sono chiuse le porte del posto in cui stanno. I discepoli sono come asserragliati per difendersi da una minaccia. È il modo in cui sta vivendo larga parte dell’umanità: chiusa sulla difensiva, armata per proteggersi contro chi è armato e magari già attacca o disarmata e quindi maggiormente in balia del capriccio o esposta ai piani diabolici di altri. La paura che circola dentro lo spazio stretto in cui gli amici di Gesù si sono rifugiati è la paura che aleggia sul mondo, o comunque su grandi porzioni del mondo. A Gesù non hanno fatto il solletico, l’hanno crudelmente ucciso. Il timore sta governando i cuori, ieri come oggi, come sempre. I discepoli temono la stessa sorte del loro Maestro. Tanti uomini e donne oggi temono la forza bruta di altri uomini, che bombardano, sparano, affamano, ammalano, impoveriscono, distruggono. È inconcepibile, ma è così. Un mondo che ci è tutto sommato vicino vive questo dramma. È veramente triste e doloroso. Gesù sta in mezzo a loro e dice: “Pace a voi!”, cioè siate in pace ma anche cercatela, la pace. Si mostra risorto e questo dovrebbe riconsegnar loro la serenità. Sono transitato nella morte ma ora vivo. E’ questo il messaggio? Certo che sì, è la Pasqua del Signore. Giovanni dice che siamo alla sera di quello stesso giorno, il giorno del sepolcro vuoto. Noi torniamo a dire che è ancora Pasqua al termine dell’ottava. Ma io oggi voglio vedere anche e ancora le mani forate e il fianco squarciato di Gesù che è sì il Risorto ma è anche e ancora e sempre il Crocifisso. In queste mani trafitte e in questo fianco aperto, nel quale Tommaso metterà il dito, dobbiamo continuare a vedere anche l’assurdo patire di tanti, di troppi che non hanno ancora sperimentato la Pasqua e restano prigionieri della paura a causa della violenza che dilaga ma non a causa di uomini che hanno perso il senno, no a causa di uomini che governano stati, di eserciti nazionali, di autorità riconosciute, di gruppi di potere organizzati. Mi spiace ma oggi vedo ancora le ferite e bisogna continuare a contemplarle altrimenti non crediamo, come Tommaso. Ma a cosa, alla risurrezione? Anche. Non crediamo alla sofferenza, al dolore che quelle ferite fanno parlare. Metti il dito e tocca così puoi credere che sono risorto ma puoi anche credere che sono morto, che mi è stata data la morte. Pace a voi, Gesù lo ridice ai suoi, se non avessero capito, e lo ridice anche a Tommaso otto giorni dopo. Lo dice a noi in questo nostro radunarci di settimana in settimana. Pace a voi, che non significa: state tranquilli, vivete sereni. Oggi vi sento l’appello a volere la pace. Come contribuirvi? Non alimentando i conflitti in cui mi trovo immerso, ma piuttosto a volerli risolvere, curare, superare. Quanti conflitti abbiamo piuttosto allargato, dilatato, eternizzato. Quante sono le persone a cui non parlo più? Contatele! Quanto sto dentro le relazioni accendendole di contrapposizione, alimentando lo scontro, allargando la distanza? In settimana mi è stato detto di qualcuno che parlando, solo parlando, con altri, della situazione israelo-palestinese ha aperto un conflitto assurdo e fortemente ideologico per difendere a spada tratta Israele… aiuto! Se avessimo un’arma in mano, oltre alle parole, cosa saremmo capaci di fare? Ecco perché non bisogna produrle, venderle, trafficarle… per non usarle. E a volte dovremmo tacere, per non usare parole non pensate, non ragionate… come fossero armi.


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