Domenica 8 novembre 2020 – 32^ TOA – Matteo 25,1-13

Pubblicato da emme il

Mi è capitato, ma solo una volta fra i tanti matrimoni che ho celebrato, che lo sposo arrivasse dopo la sposa. Non è stato piacevole quel momento. È capitato anche che il prete, in questo caso il sottoscritto, arrivasse dopo gli sposi. Mi ero appuntato in agenda un orario, che cammin facendo, è cambiato e non l’ho più corretto. Anche quello non è stato un momento piacevole, credetemi. Ma lo sposo della parabola perché è in ritardo? Dovremmo ricordare che a questo punto del vangelo di Matteo – abbiamo cominciato a leggere il capitolo 25 – si sta già dentro a quel quinto grande discorso che è detto apocalittico. È una parte del vangelo che l’evangelista dedica alle considerazioni circa le cose ultime o quelle degli ultimi tempi. Mezzanotte, l’ora in cui è annunciato dal testo il sopraggiungere dello sposo, è la soglia anche simbolica fra l’oggi e il domani, fra il tempo e l’eterno, il qui e l’oltre. È l’appuntamento con la morte? O non piuttosto quello con la vita? Oltrepassare il cuore della notte significa andare incontro al giorno e alla luce, incontro al nuovo. Esserci è da saggi, non esserci è da stolti! Parthenois, la parola greca che si usa nel vangelo, va giustamente tradotta con vergini, ma quelle dieci giovani donne sono il simbolo di una vita che l’incontro con lo sposo può fecondare e far fiorire. Lo sposo è Cristo naturalmente e le nozze, categoria che i vangeli usano sovente, diventano la plastica traduzione di un’esistenza tutt’altro che sterile, per niente arida. Al capitolo 62 (4-5) del libro di Isaia leggiamo: “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te”. Saggio è colui che, esorcizzando la paura che la vita rinsecchisca come un utero che non si gonfia per la vita che non ospita, comincia ad abitarla in pienezza, non a metà, non distrattamente, non superficialmente. L’olio di riserva per lampade che non possono spegnersi, è la speranza che dobbiamo raccogliere per quei tempi senza luce che possono protrarsi oltre il previsto, oltre l’accettabile (quello che stiamo vivendo potrebbe essere senz’altro un tempo con queste caratteristiche). La luce sarà quella che io non lascerò affievolire fino a spegnersi perché pur non sapendo quando verrà giorno, so che il giorno verrà e attenuo, mitigo, contengo le ombre con una vita che brilla nell’attesa. Vegliate, ci raccomanda Gesù. Vegliare è responsabilità dell’istante, di un oggi da abitare senza titubanze, senza deleghe, senza rimandi. Vegliare è già abitare il giorno, la luce.


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