Mercoledì delle ceneri – 22 febbraio 2023 – Matteo 6,1-6.16-18
Ci addentriamo in un’altra Quaresima. In questi giorni leggevo: “Solo la parola Quaresima ci mette addosso un po’ di tristezza. Un tempo listato a lutto, come d’altronde molto del mondo cattolico, dove la maggior parte delle cose sono obbligatorie e il resto proibito”. Recentemente chi, in parrocchia, anima la liturgia con il canto e con la musica, ha incontrato don Pierangelo Ruaro, direttore dell’Ufficio Liturgico della Diocesi, e anche lui ci ricordava che il senso di ogni Quaresima è quello di prepararci alla Pasqua. Non è dunque un tempo triste, cupo, sottotono. Tutt’altro, è il tempo che serve a maturare un frutto da gustare, è il tempo che può servire ad un uccello per covare il suo uovo, oppure è l’operazione di chi carica un carillon perché possa riproporre la sua musica. In Quaresima si sottrae, si toglie, si spoglia. Ma non per una privazione fine a se stessa. Non si intona l’alleluia perché privati, per un certo tempo, di un canto in cui esplode la lode si torni a cantarlo, dopo 40 giorni, con un’energia rinnovata, con un tono di festa che non sa più d’abitudine. E così è per i fiori che scompaiono nella liturgia o per la vita che assume un tono più dimesso, semplicemente per poi tornare ad esprimersi con il vigore che merita. È il tempo che ci serve per disabituarci, per tornare a sorprenderci al fine di non dare per scontato nulla della vita. Credo possano essere letti così anche i classici inviti quaresimali: digiunare, fare l’elemosina, pregare. La sobrietà mi aiuterà a gustare con consapevolezza l’abbondanza. La condivisione mi spronerà a riconoscere le potenzialità di ogni ricchezza. L’interiorità mi condurrà incontro ad ognuno con sguardo e disponibilità rinnovati. Ma serve stare accorti e vigili perché la Quaresima è un tempo rischioso e dobbiamo evitare la trappola di intenderla, ancora una volta, come il tempo per diventare migliori. Il migliorismo non ha niente a che spartire col vangelo. Si potrebbe obiettare che solo domenica scorsa leggevamo dell’invito ad essere perfetti come è perfetto il Padre celeste. Ma si tratta di capire cosa sia in realtà la perfezione. È il compimento di sé, è diventare pienamente uomini e donne, non migliori ma consapevolmente amati e per questo destinati a realizzarsi amando. Abbiamo infarcito il vocabolario quaresimale con termini come:sacrificio, fioretti, digiuno, astinenza, mortificazione… Cosa vuole Dio? Che la vita in noi scorra abbondante. Gli sforzi che facciamo per essere migliori grazie a certe pratiche ci concentrano su di noi con l’obiettivo di renderci meritevoli ma davanti a chi? A Dio o piuttosto all’idolo, all’immagine di lui che ci siamo fatti? La Quaresima è il tempo consegnato allo Spirito perché fecondi le potenzialità della nostra vita, perché la vita sbocci come avviene grazie ad una nuova primavera, perché la vita venga alla luce e sia Pasqua. Tempo perché la vita si compia cioè si riempia. Buon cammino quaresimale.
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