Natale del Signore – Lunedì 25 dicembre 2023 – Luca 2,1-14

Pubblicato da emme il

Più o meno una settimana fa ho messo il naso nell’attività di un gruppetto di scout che stavano realizzando un addobbo per l’albero di Natale del centro parrocchiale di San Giuseppe. Stavano tentando di dirsi cosa fosse Natale ma mi sembrava si fossero un po’ arenati… a proposito: ci chiediamo ancora cosa sia Natale? Dopo averli un po’ spronati è uscita la solita sequenza di parole dal mieloso sapore natalizio, pur essendo parole importanti: relazione, condivisione, famiglia, solidarietà… Il vangelo di questa notte me ne fa venire in mente un’altra: è la parola cura. “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”. Nasce un figlio e non c’è niente di più normale che coprirlo per proteggerlo dal rigore del freddo e sistemarlo in un posto riparato, confortevole, morbido. Ma è proprio tutto così scontato quando in realtà l’alternativa possibile e non così improbabile è la trascuratezza? Natale è cura, è non lasciarti in balia di te stesso, è preoccuparsi del tuo benessere. Ai pastori l’angelo dirà che troveranno un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia. Sarà questo il segno: non soltanto un bambino ma un bambino di cui qualcuno si prende cura. Nei giorni passati mi sono imbattuto in una bella frase che non ho potuto non collegare ai pensieri che andavo facendo: “Noi diventiamo “come” siamo amati”. Ditemi se non è vero! “Noi diventiamo “come” siamo amati”. La cura ha probabilmente maturato quel meglio di cui noi siamo capaci. Forse il buono di noi è proprio frutto delle cure che ci vengono riservate. Ci è stata risparmiata quella dose di incuria che avrebbe potuto invece abbruttirci. Se penso all’intera parabola dell’esistenza del Figlio, della cui nascita facciamo memoria in questa notte, se mi rituffo nei vangeli, incontro un uomo che ha fatto della cura il senso di una vita, ha accudito l’umanità di tanti e magari perché a partire da quella sua prima notte è stato egli stesso oggetto di premura. Natale è scrutare questo segno e poi saperlo riproporre dentro lo scorrere dei nostri giorni. Ci lamentiamo del mondo, delle persone, ci lagniamo delle istituzioni. Ci siamo chiesti quanta cura riversiamo nei solchi dell’oggi perché sia il meglio a venire alla luce? Nella natività che abbiamo (allestito qui davanti all’altare e) riprodotto sulle cartoline tra i banchi abbiamo voluto mettere in risalto il tenero gesto di Giuseppe che consegna il Figlio alla madre. Custodiamo questa immagine perché ci ricordi che siamo affidati gli uni agli altri per essere capaci di quel meglio che affina l’umano e lo tiene lontano ogni triste grossolanità. La cura davvero può generare un umano diverso e può essere il reale antidoto a quell’incattivimento del mondo che attecchisce proprio là dove la vita non è avvolta in fasce e adagiata in una mangiatoia. 


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