Venerdì 1 gennaio – Maria SS. Madre di Dio – Luca 2,16-21
Finisce un anno e ne comincia un altro. Ma davvero qualcosa finisce e qualcosa comincia? In realtà tutto fluisce. Siamo noi ad aver bisogno di scandire il tempo per offrirci un senso. Lo scoccare della mezzanotte quali cambiamenti produrrà? (ha prodotto?). Ma ben vengano i passaggi se servono a dare più senso allo scorrere dei nostri giorni. E cosa potrebbe offrire più valore a quanto viviamo? Che qualcosa finisca e che qualcos’altro cominci oppure che io sappia abitare ogni istante nella sapienza di Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore”. Ricordate questa frase? Potremmo annusare una certa dose di fatalismo in parole come queste oppure potremmo tentare di assumerle, ripetendole nella chiara disponibilità a benedire la vita semplicemente accogliendola, ospitandola, facendole largo nei volti che l’affolleranno, nei fatti che la segneranno, forse anche in quelli meno desiderabili. Sappiamo già di cosa sia impastata la vita: di vicinanze e di separazioni, di coraggio e di paura, di sorrisi e di lacrime, di speranza e di disperazione. È un mix di opposti, di assurdi, di contrari. Come conciliare, come fare pace con questa marea che in me si alza e si abbassa con un ritmo fedele? Oggi la chiesa, cominciando un anno civile, festeggia la Madre, colei che partorisce la vita. Di lei nel vangelo di Luca si dice che custodiva e meditava. Meditare: è la traduzione del verbo greco “mettere insieme”. Maria metteva insieme gli opposti, ciò che sembra non poter convivere, ciò che sembra non poter far pace. Saper mettere insieme è condizione indispensabile per consentire a Dio di abitare la nostra vita, lui che è comunione. L’alternativa è che vi dimori il divisore. Simballo (mettere insieme) è il contrario di diaballo (diavolo, colui che divide e separa). Se proprio dobbiamo augurarci qualcosa a quest’altra svolta cos’augurarci se non di trovare il coraggio di portare dentro e tenere insieme la complessità dell’esistere senza che ci dilani, che ci polverizzi, che ci disperda. E perché non augurarci di saperlo fare anche come servizio per quelle vite che rischiano di frammentarsi se non le raccogliamo, non le ricomponiamo in armonia. I canali televisivi e il web sono pieni in questi giorni di musica beneaugurante. Cos’è la musica se non l’accozzaglia armonica di infinite differenze, di contrari necessari, di opposti irrinunciabili. Benedetta sia la vita con tutto ciò che vi sta dentro. Ci vuole coraggio per dirlo e speriamo di saperlo sfoderare se ce ne sarà bisogno, per tenerla insieme la vita, come ha fatto Maria in un unico travaglio che si è prolungato dalla grotta della natività a quella del sepolcro che quella vita l’ha inghiottita. E se non fossero un abisso quanto piuttosto l’utero, il grembo che riconsegna cocciutamente alla vita?
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