Domenica 25 febbraio 2024 – 2 di Quaresima B – Marco 9,2-10

Pubblicato da emme il

Abramo sul monte con Isacco. Gesù sul monte con gli amici più intimi. Cosa succede? Possono essere accostati i due fatti? La sapienza liturgica lo fa. Sul Moria Isacco legato viene slegato perché possa cominciare ad esistere, non più all’ombra e succube di un padre che aveva fin lì pilotato la sua vita caricandola di attese, di aspettative. Isacco continuerà ad essere il figlio della promessa ma abitando la sua pelle, conducendo la sua nave, decidendo la sua rotta. Fiorire è il desiderio e il bisogno di ciascuno; essere messi nella condizione di poter mostrare chi siamo, di liberare la nostra bellezza è forza che non può e non deve essere repressa, contenuta, limitata. E sul Tabor non avviene forse la stessa cosa? Gesù abita il suo cambiamento, il suo è un cammino di trasfigurazione, un lento processo di metamorfosi verso il compimento (cfr. Paolo Scquizzato). Ma è così per tutti o dovrebbe esser così per tutti. Ciascuno messo nella possibilità di portare alla luce la propria umanità perché nell’umano di ciascuno, nel suo venire allo scoperto, Dio si rivela. Ciascuno manifestazione, ciascuno rivelazione del divino ma nel fiorire di noi. E così le parole di Dio che nel vangelo hanno per destinatario Gesù sono in realtà parole dette a ciascuno di noi: Tu sei l’amato. Amati per quello che siamo e per quello che diventiamo, manifestazione di Lui. Il passo finisce con il solito ritornello, con la solita raccomandazione: l’invito a tacere, a non dire cosa è successo. Forse perché qualcuno non si senta autorizzato a dirgli chi e cosa e come deve essere? Sì perché succederà più volte. Pietro, ad esempio, reagirà in modo molto forte all’annuncio della passione e della morte di Gesù… questo non avverrà mai, non potrà succederti, non accetterò che ti capiti… Sono quei lacci da cui Gesù vuole essere sciolto, come Isacco. Custodiamo tutti il desiderio di essere il compimento di noi o non delle attese di altri. La più grande fortuna che ci possa capitare è quella di essere circondati da persone che non ostacolano questo cammino di trasfigurazione ma piuttosto lo sostengono, lo accettano, lo promuovono. E noi, accanto agli altri chi siamo? Leghiamo o sleghiamo? Stringiamo o sciogliamo? Ne va della possibilità che la creazione sia il luogo del rivelarsi di Dio se continuiamo a farne il luogo in cui viene contenuta se non soppressa ogni giusta aspirazione al compimento di noi, al disvelamento delle possibilità che siamo. Pietro vorrebbe eternizzare il momento che stanno vivendo, facciamo tre tende, stabiliamoci qui. E invece no, il Tabor è solo una tappa di questo andare verso la pienezza di noi, una delle tante che già punteggiano la nostra vita, una, ne verranno tante altre e ad ogni passo tenteremo di essere sempre più noi per svelare più compiutamente Dio.


1 commento

Mauro · 4 Marzo 2024 alle 0:58

il processo di Liberazione e indipendenza del proprio sè parte innanzitutto dal capire chi siamo (creature ma anche parti inabitate dal Divino , vibranti e tutti interconnessi )

per proseguire interiorizzando il concetto del vivere come fare esperienza per crescere ; cogliere le situazioni avverse come opportunità di crescita . imparare a gestire le emozioni e coltivare la socialità come dimensione vitale. quanto mi piacerebbe fare degli incontri formativi su questi argomenti per i giovani .. il materiale lo ho .
Se qualcuno volesse supportarmi , ben venga

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