Domenica 15 ottobre 2023 – XXVIII TOA – Matteo 22,1-14
Preparerà il Signore per tutti i popoli un banchetto… Per tutti! E noi a incaponirci a spartire il mondo in sotto e sopra. Per tutti! E noi a schierarci di qua o di là. Per tutti! E noi a dividere in buoni e cattivi. Avete osservato cosa abbiamo letto al versetto 10 del vangelo? Radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni. Di solito diciamo: buoni e cattivi. Qui sono nominati prima i cattivi e poi i buoni per sottolineare la radicalità di quel tutti. Mi piace perché ne esce l’idea di un Dio spogliato di quel moralismo di cui l’abbiamo bardato. Tutti: russi e ucraini, palestinesi e israeliani, bengalesi e norvegesi, fascisti e comunisti, cristiani e musulmani. Quel tutti di cui non siamo capaci perché continuiamo a dividerci, a contrapporci, a screditarci. C’è chi decide di non far parte di quel tutti, “non volevano venire… non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Chi sono costoro? Ma capiamo prima chi sono gli altri. Nel vangelo di Luca quelli che entrano alle nozze sono poveri, storpi, ciechi, zoppi. L’uomo carico della sua fragilità, pieno dei suoi limiti, gravato del suo peccato. Ma neppure il peccato ti tiene fuori, quel peccato che spesso tiene fuori dalle chiese ma mai lontano da Dio. E gli altri finalmente chi sono? Tutti coloro che hanno la presunzione di bastarsi, di aprirsi strade da soli, di arrivare lasciando indietro gli altri. Cattivi e buoni. Chi sono i cattivi, rimettendo il naso in quel che sta capitando nelle ultime tragiche settimane? I palestinesi forse? I terroristi di Hamas sono peggio delle bestie ma i palestinesi non sono Hamas. Giuliana Martirani ha fatto girare un’immagine in cui si vede che dal ’46 ad oggi i territori dell’Autorità Palestinese sono diventati meno di un decimo di quel che erano. Chi sono i cattivi? Non è facile rispondere a questa domanda. Guai se ammettiamo la violenza ma potremmo essere noi la causa del montare della violenza nel cuore di un altro. Le cose sono un po’ più complicate di come vogliamo spesso vederle. Tutti, dunque! Tutti coloro che a partire dal modo di fare di Dio scommettono sulla possibilità di farcela e magari di riuscirci. Ci abbiamo provato nella vita, immagino, ad allargare la misura per comprendere altri, anche se non tutti. Proviamoci ancora, non rassegniamoci come quel tale che nel vangelo entra nella sala della festa senza essere davvero disposto a provarci. Anche noi, di nuovo radunati in questa sala delle feste, se ci siamo è perché scommettiamo, di nuovo, nella possibilità che ogni tentativo per allargare quel tutti, quello in cui posso starci dentro anch’io, può davvero essere non l’illusione ma il risultato. Paolo non dice forse: Tutto posso in colui che mi da’ la forza. Tutto per il tutti. Proviamoci noi, ci provino anche Israele e Palestina e tutti coloro possono essere sfidati dal tutto(i) che resta di certo sempre superiore alla parte.
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